Il karaoke è diventato famoso in Italia per colpa di Fiorello (mortacci sua). Ci ha fatto credere che i cosiddetti “diettanti” in
realtà altro non sono che delle versioni sconosciute di Elisa e Mario Biondi
quando poi sono solo degli emuli del famoso Pavarotto di “Striscia la Notizia”.
E se ne parlo, so cosa sto dicendo, perchè sotto casa mia il più sfigato dei
bar me lo propina per tre sere alla settimana come se fossero le serate di
Sanremo.
La
particolarità del karaoke sta nel fatto che anche i latrati più latrati
ottengono una manciata di applausi. Ragione più che valida per proporre tutto
il repertorio di Vasco Rossi come neanche la cover band ufficiale. E mentre sei
lì che mugoli un “Oh Toffee, Toffee, Toffee”, il gruppo che ti supporta incita,
applaude, ride e ti fa credere di avere le potenzialità inespresse. No, ma sei
uguale a Vasco, sputato. Intanto continui a gridare a quella povera Toffee che
non ti risponderebbe neanche se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra.
Odio
profondamente il karaoke perché è illusorio e cattivo. Fa credere ai cantanti
allo sbaraglio che per una serata o due alla settimana i latrati siano
incantevoli voci d’angelo perché qualcuno da loro un microfonino in mano. Sarà
che anche “La Corrida” per me era depressione pura, ma almeno lì c’era la
buonanima di Corrado che non illudeva, anzi, con una risata riusciva addirittura
a seppellirli tutti. I cantanti che porgono il microfonino ai dilettanti invece, dopo
ogni inequivocabile latrato, se ne escono con un bravo che è la versione
censurata di “mifaischifomamipaganotrelireechissenefrega”. Il dilettante
dunque, esaltato dalla spontanea e sincera lode del cosiddetto “professionista”,
figuriamoci se si ritira a vita silenziosa. No, continua a urlare con una voce
che più che pelle d’oca ti invita a prendere la carabina e mirare in mezzo agli
occhi. Le ragazze non sono da meno rispetto agli uomini, anche perchè amano
cantare in gruppo e di tre voci non ne esce nemmeno una decente. Hanno una
potenza nei polmoni che trovo in me solo quando mi affaccio alla finestra e
grido loro di abbassare il volume perché stanno dando sui nervi. Però, non so perché,
loro non sentono me mentre io invece le sento benissimo.
Il canto è
roba per pochi. O meglio, è roba per chi dona al pubblico qualcosa di bello e
piacevole da ascoltare. Così, all’aperto, ai danni di persone che dovrebbero
vivere le serate estive in tranquillità, è una specie di omicidio impunito. Perché
i latrati degli umani con l’esibizionismo alle stelle, non sono un incanto ma
un maleficio. Una tortura senza via di scampo. Un’offesa per le orecchie, per
il cuore e per la passione che ognuno di noi ha nei confronti della musica. In
tre ore di rumore fastidioso, arrivi ad odiare Vasco Rossi, Noemi, Celentano,
la Pausini e tutto il repertorio pop italiano. Intanto, gli urlatori convinti
di regalare al mondo circostante le loro ugole malate di protagonismo, continuano
imperterriti a starnazzare, lieti di trascorrere una calda serata
di metà agosto nell'illusione di essere qualcuno che non saranno mai.
1 commento:
Den Harrow non cantava, e non conosce la musica, dava solo l immagine.
Per il resto d accordissimo. Saluti
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